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26 février 2011

CRONACA DELLA POLITICA : NEL PRECIPIZIO de ANGELO DEL BOCA

·   Angelo Del Boca

LYBIE : Nel precipizio

 

carte_de_la_lybieLe notizie che arrivano sono di vera e propria guerra contro civili in rivolta, quindi di massacro. Quel che Gheddafi aveva sempre promesso, che mai avrebbe rivoltato le armi contro il suo popolo, anche questa è una promessa non mantenuta. È tempo che se ne vada, è tempo che si intravveda oltre il bagno di sangue una soluzione di mediazione che, come in Egitto e Tunisia, non può non cominciare che con l'uscita di scena di Muammar Gheddafi al potere assoluto da quarantuno anni. È tempo che l'Occidente scopra nel nuovo processo di democratizzazione avviato con le rivolte di massa in Medio Oriente non il pericolo dell'integralismo islamico, ma una risorsa per pensare diveramente quel mondo e insieme le nostre società blindate. 

Ora che finalmente anche le Nazioni unite alzano la voce, chi ha amato quel popolo e quel paese non può tacere. Come fa il governo italiano che si nasconde dietro le dichiarazioni, dell'ultimo momento, di un'Unione europea più preoccupata dei suoi affari che delle società e di quei popoli. Dunque, dobbiamo dire la verità per fermare il sangue che scorre a Tripoli, a Bengasi e in tutto la Libia. Innanzitutto dobbiamo fare quello che non abbiamo fatto con il Trattato Italia-Libia del 2008. Lo sapevamo benissimo che Gheddafi era un dittatore, che in Libia non c'è rispetto per i diritti umani. E quindi quando abbiamo firmato come Italia quel trattato, abbiamo voluto ratificare solo un accordo di carattere economico, commerciale, capace di fermare la disperazione dell'immigrazione africana in nuovi campi di concentramento. Ma non politico. Abbiamo fatto un errore gravissimo. Un errore che ci stiamo trascinando ancora oggi perché i nostri responsabili al governo non hanno il coraggio di affrontare la situazione e dire adesso basta a chiedere a chiare lettere: «Hai guidato per 41 anni questo paese, hai fatto del tuo meglio, adesso lascia il posto ad altri». Questa dovrebbe essere la richiesta precisa. 

Ma i fatti che si affollano mentre scriviamo, ci dicono che il precipizio purtroppo c'è già. Perché in un certo senso Gheddafi sta pagando due errori fondamentali della sua politica. Ha dimenticato che una parte decisiva della Libia, la Cirenaica, è ancora pervasa del mito della Senussia e di Omar el Mukhtar - quello impiccato dagli italiani.


E i dimostranti inneggiano a el Mukhtar. Fatto ancora più grave, Gheddafi ha invece sempre minimizzato l'importanza delle tribù del Gebel, della «montagna», che sono a 50 km da Tripoli. Gli Orfella, gli Zintan, i Roseban, queste grandi tribù della montagna che sono le stesse che hanno messo nei pasticci gli italiani nel 1911. Gheddafi ha sempre minimizzato l'importanza di queste componenti numerose - gli Orfella sono 90mila persone - nella lotta di liberazione e nella ricostruzione della nuova Libia. Così è covato per decenni un sordo risentimento che ora li vede associati, se non alla guida dei rivoltosi con i quali, in queste ore, stanno marciando verso Tripoli. Insomma è l'intera storia della Libia che si «riavvolge» e contraddice il regime del Colonnello.

Se solo pensiamo a pochi mesi fa, quando Berlusconi e Gheddafi presenziavano in una caserna romana dei carabinieri ad un caravanserraglio, con giostre di cavalieri. Viene la domanda oggettiva: ma come ha fatto a non accorgersi che tutto il mondo che aveva costruito era in crisi drammatica? Lui che aspirava a presentarsi come il leader dell'intero continente africano, non aveva nemmeno la sensazione dei limiti del suo governo e della tragedia che si consumava nella sua patria.

Eppure Gheddafi non è stato solo un fantoccio, come Ben Ali e Hosni Mubarak. Quando fu protagonista del colpo di stato nel '69 aveva davanti a sé un paese pieno di piccole organizzazioni, clanico, e lui ha contribuito a farne una nazione. In un anno ha cacciato le basi militari americane e inglesi, ha espulso i 20mila italiani che costituivano ancora un retaggio del colonialismo. Insomma ha cercato di fare della Libia una nazione. E per molti anni la Libia è stata considerata una nazione. Era solo una presunzione, ora lo sappiamo. Era una presunzione ridurre ad un solo uomo quel progetto che doveva appartenere davvero a tutto il popolo - non solo ai «comitati del popolo» voluti dal regime. 
Qui ha fallito. Quando si è autorappresentato come l'unico responsabile dell'abbattimento del colonialismo e del fronteggiamento dell'imperialismo. Riducendo ad una persona le istituzioni libiche, la storia di quel paese, le aspirazioni diffuse. Quando è venuto in Italia aveva sulla divisa la foto dell'eroe anti-italiano Omar el Mukhtar. Ma era solo una provocazione soggettiva, come a dire «Io non dimentico». Ma il fatto di avere sottovalutato l'importanza di tutte le tribù della montagna, cioè della società politica che ha prodotto la nascita della Libia, è stato l'errore più grave. Perché sono le componenti fondamentali che avevano fatto la resistenza, la liberazione e poi avevano fatto crescere il paese.

La situazione adesso, purtroppo, è oltre. Io penso con dolore che ormai tutti gli appelli sono troppo in ritardo. Il fatto stesso che le tribù della montagna scendano a Tripoli per liberarla, mi dà la misura della svolta nel precipizio. Il gruppo degli anziani, dei saggi, ha detto che bisogna abbattere Gheddafi. Esattamente con queste parole: «Invitiamo alla lotta contro chi non sa governare», hanno dichiarato gli anziani degli Orfella; mentre i vicini capi degli Zentan chiedevano «ai giovani di combattere e ai militari di disertare e di portare l'inferno a Gheddafi». È questa la novità della crisi libica. La rivolta storica della generazione degli anziani della generazione, dei veterani. Una conferma che viene anche dal Cairo, dove il rappresentate libico nella Lega araba Abdel Moneim al-Honi si è dimesso per unirsi ai rivoltosi. È una notizia importantissima, perché è uno dei famosi «11 ufficiali» che hanno fatto la rivolta nel '69 con Gheddafi. E insieme, della generazione dei giovani e giovanissimi.


Quei giovanissimi che hanno fatto la rivolta per motivi di disperazione sociale, con una altissima disoccupazione al 30%. Un dato che svela la favola della buona redistribuzione delle ricchezze energetiche libiche. E le chiacchiere di un «socialismo popolarista» rimasto sulla carta del «Libro Verde» del Colonnello. La summa del suo pensiero che gli è servito per minimizzare l'apporto politico degli altri protagonisti della rivoluzione. Incontrandolo in una intervista del 1986, lui ammise che il «Libro Verde» era fallito e che la Libia era ancora «nera» non verde. Ora è anche rossa del sangue del suo popolo che lui ha versato. Per l'ultima volta.

SOURCES ET REMERCIEMENTS :

Angelo Del Boca

Edition de mardi 22 février 2011 de il manifesto,

http://www..ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Febbraio-2011/art2.php3

 

logo_maee

 

Recommandations de dernière

minute pour voyager en LYBIE

mini_map

 

Dernière mise à jour: 21 février 2011.

Il est instamment recommandé de différer tout voyage à destination de la Libye. Il est demandé à tous les Français sur place de se signaler à l’ambassade et de rester joignables en permanence.

Des manifestations ont lieu depuis quelques jours en Libye. Par mesure de prudence, il est recommandé d’éviter les lieux de rassemblement et de contacter, le cas échéant, les chefs d’îlots et l’Ambassade. Il est, par ailleurs, fortement recommandé d’éviter de prendre des photos ou des films.

En raison de la situation prévalant dans la partie orientale du pays, il est vivement recommandé aux Français de passage ou résidant en Cyrénaïque de quitter cette région. Pour ceux de nos compatriotes qui malgré cette recommandation resteraient en Cyrénaïque, ils doivent limiter leurs déplacements, rester éloignés des attroupements et demeurer chez eux le plus possible, en particulier la nuit.

De même, en raison des menaces actuelles dans la zone sahélienne, il est vivement recommandé à l’ensemble des Français, résidents ou de passage, de limiter leurs déplacements au strict nécessaire, notamment dans le sud libyen, et de faire preuve de la plus extrême vigilance.

 

Sécurité

 

- Recommandations générales

Compte tenu de la menace résultant de l’activité de groupes terroristes dans le Sahara, il est formellement déconseillé de s’écarter des axes de circulation et de se trouver isolé lors des sorties dans le désert à proximité des frontières de la Tunisie -dans sa partie sud- et de l’Algérie.

Les conditions d’accès aux zones désertiques pouvant être modifiées sans préavis, il est recommandé de vérifier, avant tout déplacement dans ces zones, l’accessibilité de l’itinéraire prévu auprès d’une agence de tourisme libyenne agréée ou de l’autorité générale du tourisme.

Il est conseillé aux voyageurs de respecter les consignes habituelles de précaution et de prudence:

- se tenir à l’écart des rassemblements et des mouvements de foule,

- éviter les sorties dans les zones isolées,

- adopter une attitude de réserve et de discrétion.

Il est, de manière générale, recommandé à nos ressortissants de signaler leur séjour en Libye auprès de l’ambassade de France à Tripoli.

En dehors des villes, il est conseillé de circuler en compagnie d’autres véhicules, de signaler ses déplacements aux autorités locales, de s’enquérir de la situation dans la région fréquentée et d’utiliser les services des agences de voyage reconnues localement (adresses sur le site de l’ambassade).

- Zones frontalières

Il est formellement déconseillé aux voyageurs de se rendre au Niger, au Tchad ou au Soudan à partir de la Libye du fait de l’insécurité persistante dans cette zone frontalière due à la présence avérée de bandes armées.
Les itinéraires les plus proches des frontières algérienne (Misla, Bir Niswa, Ghat), nigérienne (Erg de Mourzouq), tchadienne (El Qatrun) et soudanaise (Djebel Ouanat) peuvent d’ailleurs être occasionnellement fermés à la circulation. 
Le Tibesti libyen est formellement déconseillé en raison des risques liés aux mines anti-personnels (passe d’Aranaba Droussou Dohone - versants Est et Ouest -, Eghei Zouma, Passe de Kingue, Source de Gongom jusqu’à la frontière tchadienne).

 

Transports

 

Infrastructure routière

- Réseau routier de bonne qualité.

- Circulation automobile dangereuse en ville et de nuit sur les grands axes (non- respect du code de la route et vitesse excessive ne sont pas rares).

- Afin de limiter les risques de poursuites judiciaires en cas d’accident, il est conseillé de ne pas conduire son véhicule et d’employer un chauffeur ressortissant du pays.

- En cas d’accident, garder son calme et prendre contact, avec l’aide d’un traducteur, avec la police locale :

  • Police secours: 33.35.613 ou 614.
  • Police de la circulation: 33.33.820.

Dans le même temps, prévenir l’Ambassade de France: 47.78.267/ 47.73.807/ 47.74.891/ 47.74.892.

- Assurance au tiers non obligatoire.

Transport aérien

Il est possible d’accéder au territoire libyen par liaison aérienne sur les aéroports internationaux de Tripoli ou Benghazi.

Les compagnies aériennes assurent les liaisons suivantes:

- Lufthansa (5 vols/semaine avec Francfort) 
- Alitalia (5 vols/semaine avec Milan et Rome) 
- Swissair (2 vols/semaine avec Zürich sur Tripoli et 2 vols/semaine avec Zürich sur Benghazi) 
- Austrian (4 vols par semaine avec Vienne) 
- British Airways (3 vols/semaine avec Londres) 
- Air Malta (9 vols/semaine avec La Valette) 
- Tunis Air (2 vols/semaine avec Tunis) 
- Afriqiyah Airways (un vol par jour sur Paris) 
- Libyan Arab Airlines (1 vol par semaine avec Paris - la fréquence devrait être portée à 2 vols par semaine en septembre) 
- Air Lib (2 vols par semaine - dimanche et mardi) Paris -Tripoli

Il existe aussi des liaisons intérieures (Al Beida, Benghazi, Ghadames, Sebha, Sirte, Tobrouk, Tripoli). Ces vols sont réguliers même s’ils subissent parfois quelques retards.

 

Entrée / Séjour

 

Depuis le 27 mars 2010, la Libye a levé les restrictions d’entrée sur le territoire libyen imposées aux ressortissants de l’espace Schengen.

- La réglementation libyenne en matière d’entrée et de sortie du territoire exige désormais la traduction en langue arabe du titre de voyage (page d’état civil du passeport) par un traducteur assermenté.

La réglementation libyenne imposait aux touristes de certaines nationalités de disposer, au moment du passage à la frontière, de 1.000 dollars US ou de l’équivalent en autre devise. Cette mesure a été annulée.

De plus amples informations peuvent être sollicitées auprès des représentations libyennes en France (voir l’annuaire des représentations étrangères en France).

- Un visa de tourisme peut être obtenu, mais les délais peuvent être longs (jusqu’à un mois, parfois davantage). Il est donc recommandé de s’y prendre suffisamment à l’avance.

Une lettre d’invitation d’un résident ou un contrat établi avec une agence de voyage est nécessaire à la délivrance du visa. Il peut être obtenu directement auprès du Bureau Populaire de la Grande Jamahiriya Libyenne à Paris ou à Marseille ou par l’intermédiaire des agences de voyages.

La frontière d’entrée sur le territoire libyen est indiquée en langue arabe sur le visa accordé, conformément au formulaire de demande de visa.

Cette indication ne peut, en principe, être changée par la suite.

En cas de séjour prolongé en Libye, il est demandé aux visiteurs de faire viser leur passeport par les services de l’immigration dans les cinq jours après l’arrivée sur le sol libyen.

Les voyageurs dont le passeport porte un visa pour Israël ne sont pas autorisés à entrer en Libye.

En dehors des lignes aériennes, les deux principales voies d’entrée sur le territoire libyen sont le poste frontalier tuniso-libyen de Ras Jdir, distant d’environ 140 kilomètres de Djerba et celui de Salloum à la frontière égypto-libyenne.

Les accès par le Tchad, le Niger et l’Algérie sont soumis à une autorisation spéciale.

Pour toute information complémentaire, prendre l’attache de l’ambassade de Libye à Paris, adresses des missions étrangères en France (sur le site de la Maison des Français de l’Etranger).

 

Santé

 

Avant le départ :

Consultez votre médecin (éventuellement votre dentiste) et souscrivez à une compagnie d’assistance couvrant les frais médicaux le rapatriement sanitaire (en vérifiant que son champ d’intervention comprend également la Libye).

Vaccinations :

Outre les vaccinations usuelles, il est préférable de mettre à jour les vaccinations suivantes : diphtérie, tétanos, poliomyélite. De même les vaccinations hépatite A, hépatite B et typhoïde pourront vous être conseillées par votre médecin traitant.

Hépatites alimentaires : Des épidémies d’hépatite "A" pouvant survenir localement, il est recommandé aux voyageurs de ne boire que des boissons vendues en bouteilles capsulées.

Maladies transmises par les insectes : certaines maladies bactériennes pouvant être transmises par les piqûres d’insectes (par exemple des puces), le port de vêtements couvrant les membres (les jambes notamment) est recommandé.

Animaux venimeux :

Certaines espèces venimeuses (serpents, scorpions) peuvent être présentes dans les régions désertiques.

Quelques règles simples :

- Ne caressez pas les animaux que vous rencontrez. 
- Veillez à votre sécurité routière (port de la ceinture de sécurité en automobile ou du casque en moto). 
- Ne jamais consommer de médicaments achetés dans la rue. 
- Emportez dans vos bagages les médicaments dont vous pourriez avoir besoin.

Numéros utiles :

- Clinique El Affia : 022.33.051 ou 54.

- Hôpital central de Tripoli : 360.5001 jusqu’à 10.

- Pour les urgences : 44.42.555.

- Le docteur Mahmud Maatouk est accrédité par l’Ambassade, il peut être joint aux numéros de téléphone suivants:

Bureau: 00218 21 3617792

Hôpital: 360 50 01 poste 140

Portable: 091 21 22 725

Domicile: 483 11 26

email : drmfmaatuk51@hotmail.com

Pour de plus amples renseignements, vous pouvez consulter le site du Comité d’Informations Médicales (CIMED) qui vous renseignera sur l’état sanitaire de ce pays, ou les sites de l’institut Pasteur de Lille et de l’institut Pasteur de Paris.

 

Compléments

 

Us et coutumes

La Libye est un pays musulman respectueux des traditions. Il est donc impératif de veiller à ne pas choquer par le comportement (respect des usages) ou l’habillement (éviter les shorts, les robes ou jupes au dessus du genou et les décolletés).

Législation locale

- L’introduction de toute boisson alcoolisée est formellement interdite. Un non-musulman surpris dans un lieu public dans un état d’ébriété peut être condamné à une peine de prison de deux à six mois, d’une amende comprise entre 500 et 1 000 dinars libyens et d’une mesure d’expulsion, une fois la peine purgée (Loi 4/1994).

- La détention de drogues et de stupéfiants est un crime. Les affaires de drogue impliquant des étrangers sont assez sévèrement punies.

Le montant des peines infligées dépend en grande partie des circonstances et diffère selon le délit:

- trafic de stupéfiants: entre 5 et 20 ans d’emprisonnement ou peine de mort. 
- détention de stupéfiants: entre 5 et 10 ans d’emprisonnement et forte amende, proportionnels à la quantité détenue. 
- consommation de stupéfiants: entre quelques mois et plusieurs années selon les circonstances, et forte amende.

Le délinquant puni d’une peine de prison est expulsé de Libye à sa libération.

- La prise de photographies en ville ou en province peut être restreinte, de nombreux ouvrages ayant un rapport avec la sécurité et la défense du territoire (installations portuaires, aéroports, ponts, carrefours routiers, bâtiments administratifs, casernes). Le non-respect de cette règle peut entraîner la confiscation du matériel de prise de vues et l’arrestation éventuelle par les services de police libyens.

- Il est strictement interdit, sous peine d’emprisonnement, de faire sortir du territoire libyen des pièces archéologiques, fragments de météorites, silex taillés et tessons de poterie.

Divers

Les températures dans le désert peuvent atteindre 40 à 50 degrés sous abri. Les expéditions doivent donc y être organisées pendant la saison fraîche de novembre à fin mars.

Les cartes de crédit et les paiements en devises étrangères (Euro) ne sont acceptés que dans quelques grands hôtels de la capitale. Il existe depuis peu à Tripoli quelques distributeurs de billets dont le fonctionnement est encore aléatoire. Il est donc recommandé de se munir d’Euros en quantité suffisante pour la durée du séjour. Les devises peuvent être changées auprès des banques (Banque centrale ou banques privées dans la capitale) et dans les bureaux de change (aéroport international et hôtels).

 

     
LYBIE : Dans le précipice

par Angelo Del   Boca

Le 22 fevrier 2011

 
 

Il   Manifesto

 

Kadhafi
 
 
Muhammar   Kadhafi au pouvoir absolu depuis 41 ans.
  Source de la photo : http://www.cermam.org/fr/logs/vue/rehabiliter_kadhafi_a_quel_pri_1/

 

 


 

Les nouvelles   qui nous arrivent de Libye sont celles d’une véritable guerre contre des   civils en révolte, donc de massacre. Ce que Kadhafi avait toujours promis,   qu’il n’aurait jamais retourné les armes contre son peuple, cette promesse   aussi il ne l’a pas tenue. Il est temps qu’il s’en aille, il est temps   d’entrevoir au-delà du bain de sang une solution de médiation qui, comme en   Egypte et Tunisie, ne peut pas ne pas commencer seulement par la sortie de   scène de Muhammar Kadhafi au pouvoir absolu depuis 41 ans. Il est temps que   l’Occident découvre dans le nouveau processus de démocratisation lancé avec   les révoltes de masse au Moyen-Orient non pas le danger de l’intégrisme   islamique, mais une ressource pour penser différemment ce monde et, en même temps, nos sociétés blindées. 

Maintenant,   enfin, que les Nations Unies ont élevé la voix, celui qui a aimé ce peuple et ce pays ne peut pas se taire. Comme le fait le gouvernement italien qui se   cache derrière les déclarations, au dernier moment, d’une Union européenne   plus préoccupée par ses affaires que par les sociétés et par ces peuples.   Donc, nous devons dire la vérité pour arrêter le sang qui coule à Tripoli, à   Bengasi et dans toute la Libye. Avant tout nous devons faire ce que nous   n’avons pas fait avec le Traité Italie-Libye de 2008. Nous le savions que   Kadhafi était un dictateur, qu’en Libye il n’y a pas de respect des droits de   l’homme. Et donc quand nous avons, en tant qu’Italie, signé ce traité, nous   avons voulu ratifier seulement un accord de caractère économique, commercial,   capable d’arrêter ce désespoir de l’immigration africaine dans de nouveaux   camps de concentration. Mais pas politique. Nous avons fait une erreur   gravissime. Une erreur que nous sommes en train de traîner aujourd’hui encore   parce que nos responsables au gouvernement n’ont pas le courage d’affronter   la situation et de dire que ça suffit et demander clairement : « Tu as   conduit le pays pendant 41 ans, tu as fait de ton mieux, maintenant laisse la   place à d’autres ». Voilà ce que   devrait être la demande précise. Mais les faits qui s’affolent pendant que   nous écrivons, nous disent que le précipice malheureusement est déjà là.   Parce qu’en un certain sens Kadhafi est en train de payer deux erreurs   fondamentales de sa politique. Il a oublié qu’une partie décisive de la Libye,   la Cyrénaïque, est encore prise dans le mythe de la Sénoussie et d’Omar el   Mukhtar, qui avait été pendu par les Italiens, et les manifestants célèbrent   el Mukhtar. Fait plus grave encore, Kadhafi a par contre toujours minimisé   l’importance des tribus du Djebel, de la « montagne », qui sont à 50 Kms de   Tripoli. Les Orfella, les Zintan, les   Roseban, ces grandes tribus de la montagne qui sont celles-là même qui ont   mis dans l’embarras les Italiens en 1911. Kadhafi a toujours minimisé   l’importance de ces composantes nombreuses -les Orfella sont 90mille   personnes- dans la lutte de libération et dans la reconstruction de la   nouvelle Libye. C’est ainsi qu’a couvé pendant des décennies un ressentiment   sourd qui les voit aujourd’hui, si ce n’est à la tête même, associés avec les   révoltés qui, en ce moment, sont en train de marcher sur Tripoli. En somme,   c’est toute l’histoire de la Libye qui se « rembobine » et contredit le   régime du Colonel.

Si nous pensons   seulement à ce qui s’est passé il y a quelques mois, quand Berlusconi et   Kadhafi présidaient un caravansérail dans une caserne romaine de carabiniers,   avec joutes de cavaliers. La question, objective, se pose : mais comment   a-t-il fait pour ne pas s’apercevoir que tout ce monde qu’il avait construit   était dans une crise dramatique ? Lui qui aspirait à se présenter comme le   leader de tout le continent africain, il n’avait même pas la sensation des   limites de son gouvernement et de la tragédie qui se consommait dans sa   patrie. 

Et pourtant   Kadhafi n’a pas été qu’un fantoche, comme Ben Ali et Hosni Moubarak. Quand il   fut le protagoniste du coup d’état en 1969, il avait devant lui un pays plein   de petites organisations, clanique, et il a contribué à en faire une nation.   Et pendant de nombreuses années la Libye a été considérée comme une nation.   En une année il a chassé les bases militaires états-uniennes et anglaises, il   a expulsé les 20mille Italiens qui   constituaient encore un héritage de

colonialisme. En somme il a essayé de   faire de la Libye une nation. Et pendant de nombreuses années la Libye a été   considérée comme une nation. Ce n’était qu’une présomption, nous le savons   maintenant. C’était une présomption de réduire à un seul homme ce projet qui   devait appartenir à tout le peuple, pas seulement aux « comités du peuple »   voulus par le régime. Là il a échoué.  

Quand il   s’est auto-représenté comme l’unique responsable de la chute du colonialisme   et de l’affrontement de l’impérialisme. En réduisant à une personne les   institutions libyennes, l’histoire de ce pays, les aspirations diffuses.   Quand il est venu en Italie, il avait sur son uniforme la photo du héros   anti-italien Omar el Mukhtar. Mais ça   n’était qu’une provocation subjective, comme pour dire « Moi je n’oublie pas   ». Mais le fait d’avoir sous-évalué l’importance de toutes les tribus de la   montagne, c’est-à-dire de la société politique qui a produit la naissance de   la Libye a été l’erreur la plus grave. Parce que ce sont les composantes fondamentales qui avaient fait la   résistance, la libération et ensuite avaient fait croître le pays.   

La situation   maintenant, malheureusement, est bien au-delà. Je pense avec douleur que   désormais tous les appels arrivent trop tard. Le fait même que les tribus de   la montagne descendent à Tripoli pour la libérer me donne la mesure du   tournant dans le précipice. Le groupe des anciens, des sages, a dit qu’il   faut abattre Kadhafi. Avec ces mots exactement : « Nous invitons à la lutte contre qui ne sait pas gouverner »,   ont déclaré les anciens des Orfella ; tandis que les chefs voisins des Zintan   demandaient « aux jeunes de combattre et aux militaires de déserter et   d’amener l’enfer à Kadhafi ». Et ceci est la nouveauté de la crise libyenne.   La révolte historique de la génération des anciens, de la génération des   vétérans. Une confirmation qui arrive   aussi du Caire, où le représentant libyen à la Ligue arabe Abdel Moneim   al-Honi a démissionné pour rejoindre les révoltés. C’est une information très   importante, parce qu’il est un des fameux « 11 officiers » qui ont fait la révolte   de 69 avec Kadhafi. Et ensemble, à   présent avec la génération des jeunes et des très jeunes. Ces très jeunes qui   ont fait cette révolte pour des raisons de désespoir social, avec un chômage très haut, à 30%. Une   donnée qui dévoile la fable de la bonne distribution des richesses   énergétiques libyennes. Et les bavardages d’un « socialisme populariste » qui   est resté sur le papier du « Livre vert » du Colonel. La somme de sa pensée   lui a servi à minimiser l’apport politique des autres protagonistes de la   révolution. Dans une interview pour laquelle je l’avais rencontré en 1986, il   admit que le « Livre vert » avait échoué et que le Libye était encore « noire   », pas verte. Maintenant elle est aussi rouge du sang de son peuple qu’il a   versé. Pour la dernière fois.

Edition de   mardi 22 février 2011 de il manifesto,

http://www..ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/22-Febbraio-2011/art2.php3
   

Traduit de   l’italien par Marie-Ange Patrizio
 
  Angelo Del Boca
(né à Novare, Piémont italien, en 1925),   ancien résistant, est historien du fascisme et du colonialisme italien,   spécialiste de la Libye et auteur de très nombreux essais (liste sur : http://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Del_Boca
) .



 
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